Ho trascorso la maggior parte della vita a odiare mio padre. Lo odiavo davvero. Non si trattava di divergenze generazionali, non riguardava un’incompatibilità di carattere, e non aveva neanche a che fare con la sua ossessione per i numeri e le regole.
No, lo odiavo perché non mi amava.
Mi trattava come un’estranea, forse nella speranza che a forza di essere ignorata o maltrattata prima o poi sarebbe tornata da dove era venuta.
Sono cresciuta temendo il suo ritorno a casa dal lavoro: quando le lancette dell’orologio della cucina segnavano le diciannove, trattenevo il respiro in attesa del momento in cui avrebbe varcato la soglia. Avrei sentito la porta sbattere e i suoi passi risuonare come un tamburo di guerra. Io rimanevo chiusa in camera, facendo finta di studiare. Il cuore mi batteva così forte che faceva male. Se andava bene, alzava solo la voce per lamentarsi con mia madre che la cena non era pronta, evitandomi per tutta la sera. La mia giornata finiva nel peggiore dei modi quando mi interrogava sulle tabelline: me le faceva ripetere all’infinito, finché la gola non mi bruciava a causa dell’attrito dei numeri che si accalcavano terrorizzati, come imputati in attesa di giudizio.
Non mi guardava mai in faccia. Se mi rivolgeva la parola fissava un punto lontano, come fosse penoso anche il solo vedermi.
Appena ho avuto l’occasione di andarmene, l’ho fatto.
Sono tornata solo dopo la sua morte. Per svuotare la casa.
Tra le sue cose trovai una sua lettera rivolta a una donna. Non si trattava di mia madre, il nome non mi diceva nulla. La data risaliva a poco tempo prima della mia nascita. La lessi e la rilessi più volte.
Le parole erano quelle di un innamorato, tenere e appassionate. Erano le parole struggenti di chi stava dicendo addio a qualcuno che amava. Mi chiesi se fosse solo una copia, se ne avesse scritta un’altra e poi spedita. Non l’avrei mai saputo. L’uomo di quella lettera era mio padre, ma nello stesso tempo non lo era. Provai a scavare nei miei ricordi alla ricerca di uno sguardo, un gesto, qualsiasi cosa si accordasse con l’immagine di quello sconosciuto, ma non trovai nulla. Forse quell’uomo sarei riuscita a perdonarlo.
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