È uno di quei lunedì di ambulatorio in cui sopravvivi solo se metti la coscienza in stato di apnea e speri che riemerga integra fino al termine della giornata.

L’infermiera annuncia il paziente successivo; ne ho visti già un paio che sono riusciti a prosciugare le mie energie portandole al limite, ma Luca è un tipo tranquillo e mi rilasso sulla sedia mentre fa il suo ingresso nello studio. 

Entra trascinandosi stancamente. Ha le occhiaie e l’aria provata. Nel sedersi davanti a me, noto che ha la spalla destra più inclinata dell’altra come se avesse dovuto sostenere un peso per qualche tempo.

«Buongiorno, Luca. Tutto bene?»

«Ma sì, dottore. Tutto sommato è un periodo buono. Sono solo un po’ stanco».

«Problemi?»

«Nessuno, solo che…» Luca stringe con la mano la spalla opposta. «È un po’ di tempo che mi fa male qui».

La connessione fa i capricci e non riesco ad accedere alla sua cartella elettronica. Con un sospiro estraggo dal cassetto quella cartacea. 

«Non è che stai lavorando troppo…» dico in tono distratto mentre sfoglio gli ultimi diari clinici.

Dopo qualche secondo, alzo lo sguardo dalla scrivania per rivolgerlo al paziente, e lo vedo.

Un’ombra dall’aspetto vagamente umanoide e alto non più di due spanne è avvinghiato al collo di Luca, appoggiato proprio dove dice di provare dolore. Ha la consistenza del fumo, e delle propaggini si allungano come piccoli artigli sulla pelle del paziente. Sulla testa ha due protuberanze appuntite simili a minuscole corna.

«Dottore, che ne pensa?» Luca mi sta parlando ma io non riesco a distogliere lo sguardo da quella… cosa. 

«Scusa, Luca… Dicevi?» Sento il mio cuore che salta un battito.

«Dicevo che magari la spalla mi fa male per il troppo stress…»

Mi si chiudono le palpebre per riflesso e, quando riapro gli occhi, l’essere di fumo è sparito.

«Sì, certo… È probabile». Il mio tono è incerto. Riprendo a rivolgermi a Luca, ma con la testa sono ancora a quella creatura sparita dietro il sipario della realtà in corso. Non so perché, ma sono sicuro che è ancora lì a pesare sulla sua spalla.


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