La fotografia

La polvere copriva ogni cosa con la sua patina grigia. Da quando la madre era morta, nessuno era più venuto a pulire. Elena si era decisa a fare un sopralluogo dell’appartamento che, nel frattempo, si era trasformato in un ricettacolo di ciarpame. Sarebbe stato difficile trovare qualcosa degna di essere salvata. Aprì la porta della camera da letto. 

L’aria era satura di umidità e il materasso, privato di ogni copertura, mostrava la sua pelle macchiata e deturpata dal tempo. Sul letto erano sparpagliate delle fotografie. Diede una scorsa veloce al mucchio. Una foto, in particolare, attirò la sua attenzione: quella di sua madre che la teneva in braccio e le stava sorridendo. In quel ritratto, Elena non poteva avere più di due o tre anni. Quell’immagine le sembrava familiare, ma non ricordava perché non l’avesse conservata. Custodiva molte foto di famiglia, ma nessuna di sua madre con un’espressione felice. L’unico ricordo che aveva di lei era quello di una donna depressa, incline al pianto e all’autocommiserazione. Come se avesse profanato un’antica reliquia, infrangendone il sigillo, fu assalita dall’immagine spettrale di quella donna silenziosa, che fissava i muri con sguardo assente. Quando era bambina, era arrivata a pensare che gli alieni l’avessero rapita e sostituita con quel bozzolo vuoto. Si comportava come un’estranea, sorda alle sue richieste e indifferente ai suoi bisogni. Era troppo piccola per capire e si era convinta che fosse colpa sua se la mamma non era felice. Si era persuasa di non essere abbastanza brava da renderla orgogliosa. 

All’improvviso, un altro ricordo riaffiorò in superficie: il giorno in cui se ne era andata di casa e le aveva urlato contro parole terribili, parole che avevano sugellato la fine del loro rapporto. Quel giorno, le aveva scagliato addosso proprio quella fotografia.

Si soffermò ancora sul viso di quella sconosciuta che sorrideva alla figlia. 

Come fosse stata la beneficiaria di un’insperata eredità, la portò via con sé.


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