Al cimitero di Père-Lachaise

Camminavo lungo l’Avenue Carette del cimitero di Père-Lachaise in un pomeriggio di inizio estate. La tomba di Oscar Wild si trovava all’incrocio con la Avenue Circulaire. L’ultimo tratto era in salita: una leggera pendenza, s’intende, ma sufficiente a farmi arrivare a destinazione con l’affanno, complice la calura estiva. Non c’erano alberi a offrire riparo e fui costretta a separarmi dalla divinità alata, scolpita sul suo monumento funerario, per cercare protezione all’ombra di un filare di tigli sul marciapiede di fronte. Non me la sentivo di congedarmi senza dedicargli ancora qualche minuto di raccoglimento. 

Una leggera brezza mi accarezzò le gambe nude, recandomi sollievo e portando con sé il respiro profumato delle rose. Il rumore di una ruspa interruppe il mio tributo di silenzio. 

Stavo per andarmene, quando un luccichio in mezzo a un cespuglio attirò la mia attenzione. Mi accovacciai per guardare meglio. Si trattava di una chiave. La raccolsi. 

Nel cubicolo accanto al cartello con la mappa del camposanto, trovai il custode che stava discutendo con una signora anziana. Gli porsi la chiave, ma non feci in tempo a fornire spiegazioni a riguardo che la donna me la strappò di mano e iniziò a sbraitare. Aveva i capelli argentati raccolti in una crocchia dietro la nuca e l’ossatura elegante del corpo le dava un’aria aristocratica.  L’accesso di rabbia si concluse in un sommesso borbottio e la vecchina, con aria stizzita, riconsegnò la chiave al custode e si allontanò lungo il sentiero principale del cimitero. Cercai di capire cosa fosse successo. L’uomo era mortificato per l’accaduto e, in uno stentato italiano, mi raccontò la storia.

Ogni tanto sparivano le chiavi. La donna anziana che si era arrabbiata così tanto sosteneva che la sua bisnonna, sepolta nel mausoleo di famiglia, si impossessava delle chiavi durante le pulizie della sua dimora funeraria. Mentre parlava il custode continuava ad aggiustarsi gli occhiali sul naso con fare nervoso, se non addirittura spaventato. La pronipote sosteneva che la sua antenata, di notte, aprisse il cancelletto e andasse a rendere omaggio a Oscar Wilde, per poi abbandonare la chiave una volta terminata la visita.


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