Tradimento

Il caffè è ormai freddo.

Sto aspettando che Cristina scenda. Si sta preparando, ma come al solito è in ritardo. Stasera siamo a cena da Angelo e Flora, i nostri testimoni di nozze.

Dalla libreria del soggiorno una delle tante foto del nostro matrimonio mi rivolge uno sguardo accusatore, come a rimproverarmi.

In quella foto incrociamo i calici per un brindisi, siamo felici. Cristina è radiosa. Ricordo i primi anni insieme: ridevamo molto e ci raccontavamo ogni cosa. Guardavamo le altre coppie che litigavano, o che si lasciavano, e noi ci dicevamo: “a noi non capiterà mai”.

Poi sono arrivati i figli, e le cose si sono complicate, ma non abbiamo mollato. Siamo stati un fronte unito e compatto davanti a ogni difficoltà.

Cristina non sa che ho scoperto la sua tresca.

Mentre le aggiornavo il cellulare ho trovato i whatsapp che si è scambiata con il suo amante. Non ha avuto neanche il buon gusto di cancellarli, o forse voleva che li trovassi, non lo so.

Credo che si tratti di un collega. Da quel che ho capito la loro relazione va avanti da più di un anno. Avrei dovuto capirlo, mi dico, ma la verità è che non ne avevo la più pallida idea. Se non avessi visto quei messaggi non sarei mai venuto a saperlo.

E forse sarebbe stato meglio.

Mi alzo dalla sedia. Vado al lavabo e getto il caffè freddo nello scarico. Faccio scorrere l’acqua e sciacquo la tazza. Sento i tacchi di Cristina che picchiettano sul parquet della camera da letto, proprio sopra la mia testa. Sarà indecisa su cosa indossare, o quale sciarpa abbinare con la camicetta di seta che le ho regalato a Natale.

Vado alla finestra. Il vetro mi rimanda un’immagine che non riconosco. I capelli diradati sulle tempie, la bocca tirata in una smorfia di disgusto, forse per lo sforzo di mandar giù una medicina troppo amara, e i due fori neri, dove una volta c’erano gli occhi, ora sono occupati da dolore e rancore, forse anche rassegnazione.

Perché non ti sei subito confrontato con lei, Alex?

Non rispondo. Sospiro, e la condensa appanna la mia bocca sul vetro.

Eppure è da un mese che lo sai, e hai fatto finta di niente per tutto questo tempo. Hai anche fatto il pieno alla sua auto, con la quale sarà andata a farsi trombare dal suo stallone. Perché non hai detto nulla?

Non lo so. Forse ho avuto paura, paura che mi lasciasse. Paura di rimanere solo.

Negli ultimi anni ho lavorato tanto, forse troppo. Ho avuto una promozione, e Cristina sembrava orgogliosa del mio successo, ma poi le cose sono cambiate: sempre meno tempo assieme, meno cenette intime, e sicuramente molto meno sesso.

Alla fine, è normale che con il tempo le cose si raffreddino. La stanchezza, lo stress, e poi forse la noia. Succede a tutti, no?

Il riflesso mi rivolge un ghigno, e mette le mani in tasca.

Certo, ma tu però non ti sei cercato un’amante, e sì che di occasioni ne hai avute. Continuerai a mettere la testa sotto la sabbia? A discutere con lei delle spese domestiche, o dei progressi di Marco all’Università, o del vestito per la laurea di Francesca?

Fanculo! Mi comporto come se fosse tutta colpa mia. Come se l’avessi spinta io tra le braccia di quell’uomo. Cristina avrebbe potuto dirmi che non era felice, che non era più soddisfatta. Forse io ho sbagliato, l’ho data per scontata, non le ho dedicato abbastanza tempo. Lei, però, avrebbe potuto cercarmi, dirmi quello che provava. Magari saremmo riusciti a sistemare le cose.

Invece, lei si è arresa, e ha scelto di cercare altrove.

Non posso più fingere. Devo parlarle.

Magari mi lascerà, o magari no. Non lo posso sapere. L’idea di spingere Cristina tra le braccia di quello stronzo mi fa girare i coglioni a elica. Ma devo affrontarla. Se lascio correre, la distanza che ci divide si trasformerà in una voragine che nessuno dei due sarà più in grado di attraversare.

Con il polsino della camicia cancello l’alone bianco sul vetro.Cristina scende le scale, bella come sempre, nel suo abito blu notte. Mi sorride. Poi mi guarda, e quel sorriso si spegne. Nei suoi occhi non c’è paura, o tristezza, ma sollievo.


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