L’Esorcismo

Alessandro raggiunse la sagrestia dove Don Luigi lo stava aspettando. Il sacerdote lo fece accomodare su una sedia di legno davanti al suo scrittoio. La stanza era poco illuminata e ancor meno areata.

«Vedo che ha ricevuto la documentazione clinica che le ho inviato via mail.» Alessandro indicò con un cenno del mento i fogli riposti sulla scrivania di legno cerato. «La paziente è stata dimessa da poco dal mio reparto.»

«Sì, ho appena finito di leggerla, dottor Lunardi.» Il sacerdote si aggiustò gli occhiali sul naso. Una delle asticelle era attaccata alla lente in maniera precaria con dello scotch. «Quindi Lucia è stata dimessa con diagnosi di schizofrenia?» Don Luigi inclinò il busto indietro. Aveva l’aria stanca e lo schienale era così ampio in confronto alla sua corporatura minuta che sembrava volerlo inghiottire. 

«Beh, sì padre. Di solito, una persona che sente le voci e dice di essere posseduta dal diavolo viene considerata psicotica.» Il tono ironico non era intenzionale, gli venne spontaneo. Alessandro sospirò, e nel farlo fu investito da una zaffata di incenso, polvere e quel sentore di vaniglia che sprigionano i vecchi libri a causa della decomposizione della lignina. Trattenne uno starnuto.

«Certo, capisco il suo punto di vista, dottor Lunardi.» Il prete sorrise con aria bonaria. «Ma io stesso ho sottoposto Lucia alla valutazione di discernimento. La ragazza soddisfa tutti i criteri per stabilire che è vittima dell’azione straordinaria del demonio.» 

Alessandro lo guardò con espressione interrogativa. Don Luigi rimase in silenzio per qualche secondo, incrociò le dita sul ripiano dello scrittoio a mo’ di preghiera e riprese a parlare.

«Secondo la Chiesa Cattolica questi criteri consistono nel manifestare una forza sovrumana, dimostrare di essere in possesso di conoscenze occulte o parlare in lingue sconosciute, e l’avversione al sacro.»

«Padre, non voglio in alcun modo offendere lei o la chiesa, ma sono tutte azioni simulabili da qualcuno che è convinto di essere posseduto o, comunque, facilmente suggestionabile, non crede?» Stavolta il tono ironico fu intenzionale.  

Alessandro non amava i preti e, nonostante avesse frequentato l’oratorio da ragazzino, una volta adulto aveva interrotto ogni rapporto con la chiesa. Ma quell’uomo aveva l’aspetto benevolo di Babbo Natale, con i suoi capelli radi simili a lanuggine bianca, il viso rubicondo e l’espressione gentile. Concluse che non c’era alcuna malizia nelle sue parole, semplicemente ci credeva con lo stesso fervore con il quale lui confidava nella scienza.

Il sacerdote si sistemò gli occhiali che si erano stortati di lato.

«Nel corso di ogni esorcismo Lucia mostra una forza incredibile, considerata la sua costituzione esile.» 

«Durante una crisi psicotica, un paziente è in grado di dimostrare una forza inaspettata, indipendentemente dalla sua struttura fisica.»

«Si è messa a parlare con una voce che non era la sua, e lo ha fatto in latino» disse Don Luigi in tono indulgente. 

«Avrà scimmiottato qualcosa di simile al latino. Lucia ha conseguito solo il diploma di terza media.»

«Dottor Lunardi, ho la sensazione che potrei continuare a portarle mille esempi dei fenomeni preternaturali manifestati da Lucia nel corso dei riti di liberazione, ma troverà sempre il modo di confutarli tutti.» Il tono della voce era cordiale, nessun cenno di irritazione sul suo viso. «Visto che è qui, perché non presenzia all’esorcismo di Lucia che si terrà tra poco? Sono certo che a lei farà piacere averla qua.» 

«Per la verità, ero venuto a dissuadere lei dal sottoporre Lucia all’ennesimo esorcismo.»

«Lo avevo immaginato.» Don Luigi rimase in silenzio come a ponderare la situazione.

«Se vuole, può parlare con Lucia. È nella stanza adibita agli esorcismi. Si sta preparando.»

«Lo farò certamente, padre.» Alessandro fece un cenno di assenso con la testa. 

Il sacerdote lo accompagnò su per le scale dell’edificio accanto alla parrocchia. 

Il locale dove Lucia aspettava era disadorno e in penombra. Le pareti bianche erano rivestite da crocifissi e quadri a tema religioso. L’unico arredo era costituito da una sedia e una rete metallica con sopra un materasso. L’ambiente era impregnato dell’odore di cera d’api e incenso.

Don Luigi rimase fuori in attesa. Alessandro si avvicinò alla ragazza che stava in piedi vicino al letto improvvisato. 

«Buongiorno, Lucia.»

«Dottore, è venuto anche lei a pregare per me?» I suoi occhi erano cerchiati e sembrava più pallida del solito. Si muoveva inquieta, marciando sul posto. Alessandro sapeva che si trattava dell’effetto dei farmaci. Almeno era sicuro che li assumesse.

«Sei proprio sicura di voler continuare con queste pratiche?» 

«Certo, così loro se ne vanno, finalmente.» Lucia si picchiettò con il palmo della mano un lato della testa. «Ma i farmaci li prendo, eh. Giuro, dottore.» Aveva l’aspetto di chi non riposava da giorni.

«Sì, lo so. Sono solo preoccupato per te.» Alessandro le mise una mano sulla spalla. «Vuoi che rimanga?»

«Può restare, Don?» urlò Lucia rivolgendosi al sacerdote che stava entrando in quel momento insieme a due ausiliari, due omoni grossi dall’aria severa. 

«Certo». Don Luigi aprì le braccia in direzione di Alessandro come se stesse invitandolo a una serata tra amici. «Un paio di braccia in più non guastano.»

In quel momento, Alessandro realizzò a cosa stava per prendere parte. Non lo preoccupava rimanere lì mentre Lucia si dimenava un po’ sotto l’effetto della suggestione indotta dalle preghiere. Era più che altro in apprensione per le eventuali conseguenze assicurative se qualcosa fosse andato storto. 

Fece un profondo respiro. Ormai Lucia aveva iniziato da tempo il percorso con l’esorcista, la sua presenza lì non poteva essere che d’aiuto. Nel peggiore dei casi avrebbe interrotto tutto.

«Va bene, rimarrò» decise Alessandro rivolgendosi a Lucia. «Ricordati che io sono qui con te. Se cambi idea, io ti sosterrò.» La ragazza annuì seria.

Don Luigi raggiunse Lucia, le cinse le spalle con gentilezza e la invitò a sdraiarsi sulla brandina. Fece cenno ad Alessandro di mettersi accanto a lui e posizionò i due energumeni all’altro lato del letto.

L’esorcismo ebbe inizio.

Il sacerdote indossava una veste bianca lunga fino ai piedi e una stola di colore viola intorno al collo con gli estremi che gli scendevano davanti lungo il torace; portava una grossa croce appoggiata al petto appesa a una catena; in una mano teneva il libro degli esorcismi con le preghiere del Rituale Romano, e nell’altra brandiva un ampolla di vetro ripiena di un liquido trasparente che Alessandro immaginò essere acqua consacrata.

Don Luigi iniziò a recitare benedizioni e preghiere di liberazione, alcune in italiano e altre in latino. I due uomini presero a sussurrare una litania a malapena udibile dalla loro parte del letto, ad occhi chiusi e in atteggiamento di preghiera.  Poi, il sacerdote proseguì il rito con le aspersioni di acqua benedetta. A quel punto, la ragazza iniziò a tremare, irrigidirsi e a borbottare frasi sconnesse. Gli ausiliari si inginocchiarono e le bloccarono polsi e caviglie con entrambe le mani continuando a pregare. 

Alessandro si limitò ad osservare. Decise che il suo compito sarebbe stato quello di monitorare le condizioni psichiche della paziente nel corso del rito, nient’altro.

Quando il sacerdote cominciò a usare un tono più autoritario, intimando allo spirito maligno di lasciare il corpo della ragazza, Lucia prese ad urlare e a contorcersi con più energia. 

Forse lo immaginò soltanto, ma Alessandro ebbe la sensazione di percepire odore di uova marce. L’improvvisa interruzione delle preghiere lo sorprese. Si girò in direzione del sacerdote. Sembrava immobile. Anche gli ausiliari erano fermi nelle loro pose plastiche. Ogni cosa intorno a lui appariva di una staticità irreale, come se il flusso del tempo si fosse fermato. Abbassò la testa per controllare che Lucia stesse bene. La ragazza si voltò di scatto e incrociò il suo sguardo. Alessandro si sentì mancare e strinse forte le palpebre. Per un attimo credette di svenire. L’odore acre si fece più intenso, lo assalì un forte senso di nausea e gli si contrasse la bocca dello stomaco.

Quando riaprì gli occhi, si trovava da un’altra parte.

Una terra desolata si estendeva davanti a lui. Mulinelli di lava si alternavano a crateri scavati nel terreno. Un vento freddo lo investì in piena faccia. Delle grida disumane si alzarono in lontananza per crescere di intensità fino a diventare assordanti. Fu sopraffatto da una solitudine senza speranza. 

Poi, creature della consistenza delle ombre si materializzarono dal nulla e iniziarono a venire nella sua direzione. Si muovevano a scatti come sotto l’effetto di luci stroboscopiche. 

Alessandro non riusciva a muoversi, il suo corpo non rispondeva ai comandi.  Avrebbe voluto urlare, ma la voce gli si era bloccata in gola. Riuscì solo a spalancare la bocca in una silenziosa richiesta di aiuto.

«Dottore! Tutto bene?» Le parole del sacerdote sembravano giungere da molto lontano. Provò a cercarlo, ma non riusciva a vedere nulla se non quella terra corrotta e senza fine. 

Le ombre, intanto, si facevano sempre più vicine. 

Le loro orbite sembravano caverne dentro le quali ardevano tizzoni di fuoco che crepitavano, agitando il fumo nero dei loro corpi. Alessandro sentì il terrore che gli cresceva dentro mentre le creature allungavano tentacoli di fuliggine nella sua direzione saturandogli i sensi con un fetido odore di marcio e di bruciato. Non riusciva a respirare. 

«Dottor Lunardi, mi sente?» Riconobbe la voce di Don Luigi che urlava più forte. «Deve tornare!»

Le parole del prete lo riportarono indietro. 

Alessandro era di nuovo nella stanza, a fissare gli occhi di Lucia. Aveva il fiato corto e la gola gli bruciava. Si accorse di tremare, in preda a violenti scossoni di freddo. 

La ragazza mantenne il contatto visivo con lui, accennò un sorriso e poi distolse lo sguardo.


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