Nonostante fosse gennaio, faceva già caldo.
Ormai l’inverno era ridotto a due mesi all’anno. Due mesi durante i quali il clima non era così torrido da impedire alla gente di uscire dalla protezione dell’Eliosfera senza rischiare la morte. Più o meno ogni decennio, l’inizio dell’Isolamento di Salvaguardia Climatica slittava indietro di quasi un mese. L’ultimo scatto era avvenuto l’anno scorso, quando il termine ultimo per svolgere attività all’esterno era stato anticipato da aprile a marzo.
Non sarebbe passato molto tempo che la barriera elettromagnetica sarebbe diventata il loro unico cielo.
Il biobot era appostato davanti alla porta dei Fernandez da quasi due giorni. Ogni tanto Melania dava un’occhiata furtiva dalla finestra del soggiorno. Da quando era arrivato, nessuno era più entrato o uscito dall’appartamento. Suo padre li chiamava “i controllori ottusi”: si piazzavano di fronte a casa per ricordarti un pagamento o una convocazione e non si schiodavano dalla loro posizione finché qualcuno non gli apriva per mostrargli il braccialetto elettronico di identificazione così da poter svolgere le proprie mansioni. Se non lo facevi entro un certo lasso di tempo, l’unità biomeccanica era autorizzata a forzare l’ingresso. Erano programmati per salvaguardare l’ordine pubblico, e lo facevano con zelante perizia.
Doveva essere scaduto il tempo, perché la lucina verde dietro al suo collo era diventata improvvisamente rossa e pulsava allarmata. I vetri isolanti non le permettevano di sentire i rumori all’esterno, ma era certa che anche il bip di accompagnamento fosse diventato più insistente.
La porta si aprì. Melania non conosceva bene i Fernandez. Aveva visto spesso una coppia giovane con un bambino piccolo uscire ogni tanto. Si scambiavano un cenno di saluto quando si incrociavano, ma non si era mai fermata a parlarci. Quelli che uscirono, però, erano piuttosto avanti con l’età, probabilmente i genitori.
Dall’espressione dei loro visi doveva trattarsi della scadenza di un avviso di convocazione per il Protocollo di Selezione. Non era chiaro per chi fosse la notifica, ma entrambi seguirono il biobot verso il veicolo elettrico che li avrebbe portati al Palazzo del Vaglio. Mentre la coppia di anziani saliva in auto, sulla soglia si affacciò il resto della famiglia. Il bambino allungava la manina verso i nonni, mentre la madre lo abbracciava stretto e muoveva le labbra contro la sua guancia paffuta. Il marito della donna osservava immobile; gli occhi tradivano una rabbia tesa e muta. D’un tratto, si voltò nella sua direzione e i loro sguardi si incrociarono. Melania sollevò la mano in un gesto che voleva essere di solidarietà ma l’uomo le rivolse un’occhiataccia e rientrò. Rimase con la mano sospesa a mezz’aria mentre l’auto si allontanava, come se fosse lei a dovergli dire addio.
Non doveva accadere lo stesso con suo padre. Non in quel modo. Non lo avrebbe permesso. Non avrebbero aspettato fino all’ultimo, finché un qualche robot del cazzo non fosse comparso alla soglia di casa a bussare con caparbietà per ricordargli la scadenza. E per cosa? Per elemosinare un po’ più di tempo? Per prolungare la sofferenza di qualche altro giorno?
Avevano ricevuto uno di quegli avvisi proprio quella mattina e tra qualche ora lei stessa lo avrebbe accompagnato all’appuntamento. Lui avrebbe voluto andarci da solo, ma non se ne parlava. Alla fine, il Decreto per la Conservazione delle Risorse lo aveva votato la maggioranza. Era in vigore da quasi un secolo e le alternative prese in considerazione e poi scartate erano state ben peggiori. Il controllo delle nascite non era stato sufficiente a rimediare al disastro ecologico che riduceva progressivamente le risorse alimentari del pianeta. Il padre era un acceso promotore di quel decreto.
«Mamma, mamma». Alice le stava strattonando la gonna. «Facciamo un castello insieme?»
«Tesoro, la mamma deve portare il nonno a fare una visita» disse lei mentre chiamava il biobot di servizio con un cenno della mano. «Chiedi a Lume di costruirlo con te» e indicò l’unità sintetica che stava raccogliendo i pezzi di Lego, senza considerare la possibilità che la bambina sarebbe tornata a giocarci.
«È che Lume è un po’ tarda» le bisbigliò Alice, facendola abbassare e avvicinandosi al suo viso con fare cospiratorio. Melania trattenne un sorriso.
«Insegnale un nuovo gioco» propose lei.
Purtroppo, non potevano ancora permettersi un biobot di nuova generazione e Lume era un po’ ottusa e priva di senso dell’umorismo. Però affidabile.
Alice sbuffò e si avviò ciondolando in direzione della tata biomeccanica.
Melania trovò suo padre in studio che parlava con Marco. Sembrava dettargli delle istruzioni. Suo marito lo ascoltava, annuendo di tanto in tanto. Al suo arrivo Marco le rivolse uno sguardo di silenziosa intesa e si allontanò.
«Hai preparato i referti medici?» chiese al padre, appoggiandogli una mano sulla spalla.
Due anni prima gli avevano diagnosticato una grave forma di maculopatia degenerativa e in poco tempo sarebbe diventato cieco. Per quel tipo di patologie, considerate di eziologia senile, il servizio sanitario non forniva nessun tipo di trattamento. Non era previsto. All’ultimo controllo era riuscito a superare i test di selezione, ma temeva che questa volta non sarebbero stati così fortunati.
«Certo. È tutto sul comodino». La sua espressione era serena. Melania si chiese se lo fosse veramente, se si fosse rassegnato all’inevitabile, o nutrisse in cuor suo la vana speranza di essere rimandato ancora di un anno. Recuperò i documenti e, nel farlo, notò che suo padre aveva dato l’acqua ai gigli.
I percorsi pedonali erano quasi deserti. La gente era così abituata a svolgere la maggior parte delle proprie mansioni da casa, attraverso i NexusPad, che ormai non aveva più molto senso uscire all’aperto. I paesaggi e la natura mostrata sugli schermi dei programmi di intrattenimento erano decisamente più spettacolari e diversificati rispetto agli sparuti alberi e all’erba sintetica che lambivano i sentieri. Erano più affollate le strade, stipate di veicoli elettrici che sfrecciavano a ogni livello delle sopraelevate. Gli abitanti non perdevano occasione per approfittare del servizio wireless pubblico dell’asfalto magnetico per ricaricare le loro auto. Il ronzio leggero che si lasciavano alle spalle sembrava quello di uno sciame di api. In un docufilm Melania le aveva sentite rumoreggiare in coro intorno a un alveare all’avvicinarsi di un pericolo.
Passarono davanti a un gruppo di donne che faceva Yoga sul prato di un giardino artificiale. Seguivano in silenzio le indicazioni dell’immagine olografica di un istruttore.
«Papà, tutto bene?» Non aveva aperto bocca da quando erano usciti di casa. Aveva salutato tutti come se fosse dovuto uscire per una commissione.
«Certo. Stavo solo pensando che potresti fare domanda per avere un secondo figlio».
«Lo sai bene che è difficile che diano il benestare per più di un bambino a nucleo familiare».
«Beh, magari adesso che io…»
«Papà!» lo interruppe lei. «Non voglio sentire questi discorsi».
Si era subito pentita di aver usato quel tono di rimprovero e si voltò a guardarlo per assicurarsi che non se la fosse presa. Il suo sguardo era imperturbabile: quello di un soldato che si accinge a compiere il suo dovere. Fermo e risoluto.
Rimasero in silenzio per il resto del tragitto.
Il Palazzo del Vaglio era un edificio in mattoni grigi, alto solo quattro piani. Niente vetrate. Era una delle poche costruzioni del Vecchio Mondo inglobata all’interno dell’Eliosfera. Per il resto, il loro piccolo centro urbano era costituito in prevalenza da zone residenziali.
La fila di gente in attesa davanti al grande portone metallico era lunga e tortuosa. Diversi ausiliari sintetici distribuivano bevande fresche. Melania si chiese che senso avesse fornire sollievo a individui che a breve sarebbero stati giudicati membri improduttivi della società e terminati.
Alcuni biobot passavano i loro digitosensori biometrici sui bracciali elettronici per controllare l’identità dei presenti. Come se qualcuno volesse trovarsi in quel posto di propria iniziativa. Un imbucato alla festa.
Il servizio di beveraggio e il controllo identificativo potevano solo essere decisioni prese da qualche consulente digitale integrato, con cui l’Autorità Pubblica spesso si interfacciava. Un’idea concepita secondo dati che non prevedevano la variabile umana.
I modelli biomeccanici dovevano essere di nuova generazione. Mentre li osservava all’opera, con i sorrisi affabili e i modi cortesi, scorse il minuscolo codice a barre sul polso di uno di loro. Senza quello, erano indistinguibili dalle unità biologiche. Per legge, doveva essere ben visibile.
«Mi raccomando, ricordati di dare l’acqua ai gigli». La voce del padre era calma. Come se, invece di presentarsi di fronte al Crogiuolo, fossero in coda per la consegna dei pacchi regalo di Natale.
«Sì, papà» disse lei con un filo di voce.
«Alla mamma piacevano tanto i gigli».
Melania non commentò, e abbassò gli occhi a terra. Quel timbro profondo e caldo con cui accarezzava le parole le sarebbe mancato. Si rese conto solo in quel momento che stava per perderlo. Si era concentrata sulla rabbia, ma adesso iniziava a farsi sentire il dolore. Salì lento e subdolo dal petto fino alla gola, e lì si fermò. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma sapeva che sarebbe uscita solo un’accozzaglia di detriti e rottami. I relitti di un naufragio.
Una donna, all’incirca della sua età, lasciò l’edificio in quel momento. Era sola. Passandole accanto, notò che aveva gli occhi arrossati e le tremavano le labbra.
Anche lei sarebbe tornata a casa da sola? Il respiro si fece più rapido. I muscoli si contrassero.
D’un tratto, suo padre le prese la mano e gliela strinse. E lei riprese a respirare.
«Tanto tempo fa, quando non era stato ancora approvato il Decreto per la Conservazione delle Risorse» disse lui in tono fermo, «le persone vivevano fino a tarda età».
Melania aveva sentito parlare di quel remoto passato. Ogni tanto le raccontava di quei tempi lontani, tramandati a voce come una favola della buonanotte.
Sospirò. Non serviva a niente rievocarlo. La faceva stare peggio. Lei sapeva solo che per suo padre la vecchiaia non sarebbe mai arrivata.
«La situazione era diventata insostenibile» disse, stringendole più forte la mano. «Era necessario preservare il futuro, il vostro futuro. E quello delle generazioni a venire».
Melania non rispose, con lo sguardo seguì la canna fumaria esterna che saliva per parecchi metri lungo la parete laterale dell’edificio, fino al tetto. Il vento traportava lontano il fumo scuro che fuoriusciva in volute striate di blu.
La coda di persone avanzò di una posizione.
Lascia un commento