Per Andrea festeggiare la fine dell’anno non ha alcun senso: è solo l’ennesima occasione per sentirsi fuori posto. Quando era più giovane, gli interessava ancora cosa pensassero di lui le persone e, pur di non essere etichettato come asociale, si faceva trascinare controvoglia a qualche festa. L’opinione degli altri, con il passare del tempo, è diventata per lui sempre meno importante.
Ogni anno Andrea sceglie una meta lontana dove superare indenne le festività, soprattutto il Capodanno. Trascorrere la notte di San Silvestro a Parigi, a Singapore, o a Londra, viene considerato da molti segno di intraprendenza e successo, così la gente è libera di immaginare per lui lo scenario più soddisfacente. In questo modo non è costretto a dare troppe spiegazioni, lontano dalle aspettative che ti cuciono addosso gli altri.
È il 31 di dicembre e si trova a Fez, una delle città più spirituali del Marocco. Il suo riad è abbastanza piccolo, oltre a lui ci sono solo due famiglie di francesi e una sua connazionale. Andrea se ne sta per conto suo e non parla con nessuno. Non prova nemmeno a rivolgere una parola alla donna italiana, anche se la incrocia a colazione ogni mattina, ed è sempre da sola. Entrambi trincerati dietro la propria riservatezza, non si sono mai scambiati un saluto.
Mentre passeggia per uno dei tanti derb che si intrecciano tra le mura delle case, l’Adhan del tramonto echeggia per la città con il suo diffuso gorgogliare. Ad Andrea piace perdersi per quel labirinto di stretti vicoli. Non ha l’aria del turista, e non fanno molto caso a lui. Di sera la città è quasi deserta, solo i gatti acciambellati sui rifiuti lo guardano con aria circospetta.
Sbuca nella strada principale un attimo prima di sentire lo stridio acuto dei freni di un veicolo. Un furgoncino ha investito qualcuno poco lontano da lui. Dalla sua posizione vede l’ombra di una sagoma sotto il telaio. È immobile. Improbabile sia sopravvissuto.
I passanti accorrono, gridano e si portano le mani alla testa con gesti teatrali. Si accalcano sul posto, e in pochi attimi ribaltano il furgoncino. Si forma un grumo scuro di persone, che si addensa, e poi si allontana, per dileguarsi nei cunicoli come un’unica creatura senziente. Del corpo non c’è più traccia.
Il traffico riprende regolare, e Andrea torna al suo riad.
Si siede a uno dei tavoli del patio e si versa del tè alla menta. Dovrebbe sentirsi turbato, ma quello che prova è solo rassegnazione. Trascorrerà le prossime ore leggendo e sorseggiando il suo tè, e ignorando lo scorrere del tempo.
Una donna irrompe nell’atrio dall’esterno. Andrea la riconosce, si tratta della turista italiana. Si guarda attorno, spaesata, e si lascia cadere su una delle sedie accanto. Ha l’aria scossa. Si volta verso di lui e incrocia il suo sguardo. Forse ha assistito anche a lei all’incidente. Magari è una sensazione, ma Andrea se ne convince. Adesso lo studia con l’aria di chi cerca di dare un senso a qualcosa di tragico e ineluttabile. Rimangono in silenzio per diversi secondi. Lei con un’espressione fragile, e con i pensieri spettinati dall’incredulità. Lui che non ha risposte, ma solo una muta solidarietà da offrirle. Andrea le allunga il suo bicchiere di tè, e le fa cenno con la testa di accettarlo. Lei lo guarda riconoscente, con occhi sofferenti.
La mezzanotte è passata senza che se ne accorgessero. Il personale ogni tanto ha fatto capolino nel corso della notte, rabboccando di tè i loro bicchieri, con discrezione. I primi raggi del sole presto attraverseranno il vetro della cupola che riveste il patio, dando inizio al primo giorno del nuovo anno.
Si sono scambiati poche parole. Stanno giocando l’ennesima partita a scacchi. Andrea non è un gran giocatore, ma nessuno dei due ci fa molto caso.
«Comunque… Io mi chiamo Silvia» dice lei, dopo aver mosso il suo cavallo.
«Io, Andrea». Allunga la mano sulla scacchiera e lei gliela stringe. Poi, avanza con la torre.
«Forse avevi impegni per Capodanno e io te li ho guastati…»
«No, tutt’altro. Non mi piacciono le feste».
Silvia sorride e sferra il suo attacco con la regina. Scacco matto.
«Neanche a me».
Intanto, dagli altoparlanti delle moschee di Fez, si diffonde il Fajr, il richiamo alla preghiera dell’alba.
Lascia un commento